orestemontebello

Elogio della decadenza

La duna ridotta ad una pista di sabbia senza vita è un duro e consapevole atto di violenza gratuita all’ecosistema. Ridurla ad un mero deposito di blocchi di calcestruzzo è stata una scelta criminale. Per quanto mi possa sforzare non riesco a trovare nessuna intenzione di emulare una opera di Land Art, nessun intervento artistico, nessuna creazione che spinga l’umanità ad una riflessione su quanta devastazione quest’opera umana abbia arrecato alla collettività e all’ambiente costiero.

 

 

Pur avvicinandomi a questo delitto con i mie strumenti non riesco ad intravedere una simbologia fenomenologica che possa collegarci al Grande Cretto di Gibellina. Lì dove un tempo sorgeva la città di Gibellina vecchia in Sicilia, tra il 1984 e il 1989, Burri in una distesa di 80 mila metri quadri di cemento bianco e detriti, racconta la storia di una città scomparsa dalle cartine geografiche. Un terremoto nel gennaio del ‘68 distrugge il centro storico di Gibellina vecchia provocando 1150 vittime e 98.000 senzatetto, sei paesi distrutti nella valle del Belice. Incontrollabile, devastante, improvvisa e non prevedibile. Nessun controllo e nessuna colpa da attribuire all’evento in sé. Chiamato a riempire uno spazio, Burri, pensa proprio al cretto che ricorda le fessurazioni delle terre argillose. Guarda le macerie della vecchia Gibellina e crea una delle più colossali opere di land art presenti al mondo. Ricopre le rovine della cittadina siciliana con una sorta di grande sudario in cemento. I vicoli bianchi che oggi percorriamo, simili a delle profonde ferite del terreno, sono gli stessi del centro storico del paese prima del terremoto. Costruisce un’identità comune, tanto tra i residenti che degli italiani in generale, attraverso la realizzazione di un monumento dal valore culturale e sociale. Un opera pubblica di forte impatto emotivo. “Crea un luogo di narrazione e conoscenza dove c’era vita, oggi c’è conservazione di memoria: prima era tabernacolo di morte, oggi sacrario che genera vita”.

 

Gibellina (Tp). Il cretto di Burri (Foto di El curado Getty Images)

 

A Soverato, sulla duna devastata non c’è nulla di tutto questo. Questo cemento a blocchi non è un sudario ma una pesante lapide posta sulla vita di tutti noi che inconsapevolmente accettiamo l’ennesimo scempio del profitto. I labirinti e le luci fra questi pesanti cubi di calcestruzzo sono antri di miseria e fame. Nulla di artistico e creativo può giustificare tutto questo. La duna è morta.

 

Il Labirinto

 

Le dune costituiscono un tipico elemento morfologico del sistema spiaggia-pianura costiera. Esse, oltre a costituire ambienti di grande interesse naturalistico ed ecologico (specialmente in presenza della macchia mediterranea), delimitano e proteggono, interponendosi al mare, ambienti umidi di grande importanza ecologica: i laghi e le paludi costiere.
I sistemi dunali costieri, piuttosto diffusi fino ad epoche recenti, sopravvivono attualmente in un numero alquanto ristretto di zone, in conseguenza delle bonifiche idrauliche che hanno determinato il loro smantellamento per contribuire principalmente allo sviluppo urbanistico. I restanti ambienti dunali sono tuttora minacciati da gravi e avanzati meccanismi di degrado legati essenzialmente alla diffusa antropizzazione e all’erosione dei litorali, che in Italia interessa oltre un terzo dei circa 3.250 km di spiagge ed è strettamente connessa all’alterazione dei cicli sedimentari causata dagli interventi antropici nei bacini idrografici e lungo costa. Nel nostro caso l’intervento antropico è stato caratterizzato da una sconsiderata trasformazione dell’elemento naturale in una pista per mezzi meccanici pesanti che hanno trasportato e depositato in mezzo ad essa pesanti blocchi di cemento.

 

 

 

Se è vero che l’arretramento della linea di riva è frequentemente associato alla demolizione delle dune ci domandiamo come può un progetto che mira a salvaguardare la costa da una presunta erosione distruggere quell’ecosistema che serve da sempre a prevenirne la sparizione. I sistemi dunali costituiscono, infatti, allo stesso tempo un argine naturale alle acque alte, una protezione per gli ambienti di retro spiaggia e un accumulo di sabbia in grado di alimentare la spiaggia e quindi di contrastare in parte gli effetti dell’erosione. Da qui l’importanza della manutenzione e valorizzazione di tali sistemi, ricordando che al loro buono stato di conservazione è intimamente legato quello degli altri ambienti connessi, i quali, oltre alla funzione strettamente ecologica, rivestono anche un notevole valore economico.

 

L’elogio della decadenza 3

 

Chi ha dato l’autorizzazione e perché? Forse la strategia è quella di creare il disagio per approfittarne e dare senso ad un dispendio di denaro pubblico che poteva essere utilizzato per esempio per istituire il tanto agognato Parco Fluviale Foce dell’Ancinale?

Foto di Ernesto Sestito

 

0 Comments

Argomenti

Tag

Nessun tag.

Archivi