orestemontebello

On Boxing

Ho sempre avuto una passione per il pugilato, la boxe. Fu mio padre a trasmettermela quando davanti un televisore a mi fece guardare un incontro. Si boxava per il titolo mondiale dei pesi medi versione WBC e WBA. L’argentino Carlos Monzon contro il nostro Nino Benvenuti. Era il 1970 ed avevo cinque anni ma di quell’incontro ricordo tanto.

Ricordo che avevamo la tv davanti un divano di pelle rossa, due poltrone ai lati ed io chiaramente ero in braccio a papà o almeno lo sono stato per un po’. Ricordo che la tv era in bianco e nero e il bianco e friggeva. Ricordo che l’argentino vinse e che ci sarebbe stato un altro incontro per sventolare la bandiera tricolore che avevamo messo nel porta ombrelli, pronta per essere sventolata fuori dal balcone.

E da allora la boxe rimase solo un ricordo come tanti altri. Certo quando si litigava con gli altri ragazzini negli anni successivi, proteggendomi il viso con i pugni, ripetevo quasi ossessivamente… Monzon, Monzon…e lo facevamo un po’ tutti. Fin quando non arrivò Muhammad Ali. Se prima potevamo assomigliare un po’ a Carlos Monzon ora però Alì era nero ma non ci importava. Alì era grande, Alì era quello che dava una svolta alla boxe. Era quello che aveva detto di non voler andare in guerra nel Vietnam perché “Non ho nulla contro questi Vietcong”. Aveva cambiato nome e religione. Si faceva fotografare da Malcom X ed era diventato voce dei neri. Insomma per alcuni di noi era diventato un eroe.

In quegli anni non mi feci scappare nulla della boxe. Film, libri, interviste, fotografie e quindi la boxe divenne parte del mio immaginario fin quando non conobbi il Maestro Franco Cutruzzolà e la sua palestra a Catanzaro, quella che stava alla Stella, l’ex orfanotrofio.

Fra le prime battute scambiante con il Maestro questa fu quella che mi colpì di più perché sintetizza anche il mio rapporto con la boxe. “ Per un maestro di boxe il compito più difficile è quello di convincere un giovane pugile a rialzarsi e continuare a combattere dopo essere stato messo al tappeto. E se il pugile è stato atterrato da un colpo che non ha visto arrivare, il che succede regolarmente, come può sperare di riuscire a proteggersi la prossima volta?”

Franco Cutruzzolà, maestro di boxe e di vita, ce la mette tutta e da anni insegna i segreti della boxe ai suoi allievi. “Il pugno più infido, quello che può mettere a terra anche un peso massimo è in agguato sempre e te lo può dare solo il tuo egoismo”. Francesco, scoprimmo più tardi di essere nati lo stesso giorno lo stesso mese e lo stesso anno, mi regalò fra gli altri anche il libro della Oates, On Boxing… Sulla Boxe.
Questo libro mi diede una visione differente perché in realtà è il primo libro sulla boxe scritto da una donna. Forse il più grande libro, affascinante come un romanzo. La Oates racconta la sua passione, nata da ragazzina grazie al padre che la portò a un torneo di boxe del Golden Gloves a Buffalo, agli inizi degli Anni 50 e anche questo mi avvicina alla sua lettura e proprio in questo intimo e familiare rapporto trovo gli spunti per la mia narrazione sulla boxe. Ma voglio partire da questa disillusione:
“…Allo stesso modo non mi riesce di pensare alla boxe in termini letterari come metafora di qualcos’altro. Chi come me ha cominciato ad appassionarsi di boxe da bambino è improbabile che la consideri il simbolo di qualcosa che la trascende, come se la sua particolarità stesse nell’essere sintesi o immagine di altro. Posso però valutare l’idea che la vita sia una metafora della boxe – di uno di quegli incontri che si protraggono all’infinito, ripresa dopo ripresa, jab, colpi a vuoto, corpi avvinghiati, un niente di fatto, di nuovo il gong, e poi di nuovo, e tu e il tuo avversario così simili che è impossibile non accorgersi che il tuo avversario sei tu: e perché questa lotta su un palco rialzato, delimitato da corde come un recinto, sotto luci infuocate, crude, spietate, davanti a una folla scalpitante? Questo è il genere di metafora letteraria dell’inferno. La vita è come la boxe per molti e sconcertanti aspetti. La boxe però è soltanto come la boxe. Perché se uno ha visto cinquecento incontri di boxe ha visto cinquecento incontri di boxe… “
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